Uno fra gli errori più comuni è prendere ciò che segue a un avvenimento per la sua conseguenza
(Duca di Lèvis)
(Duca di Lèvis)
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Psicoterapia AnaliticaLa cura attraverso la Psicoterapia Psicoanalitica si realizza mediante la parola nel corso del colloquio fra paziente e psicoterapeuta.
Al paziente viene richiesto di attenersi a quella che viene definita “Regola fondamentale”, che consiste nel fare scorrere liberamente i propri pensieri, mentre lo psicoterapeuta cerca di offrire un ambiente ad essa favorevole astenendosi da giudizi di sorta. Se il paziente giunge a non preoccuparsi di formare sequenze ordinate e interconnesse di pensieri e sensazioni, si producono quelle che Sigmund Freud ha chiamato “libere associazioni” che costituiscono la strada maestra verso l’inconscio, ovvero la vita psichica non consapevole di ogni essere umano. Il lavoro della cura che lo psicoterapeuta propone consisterà nell’ascolto empatico e rispettoso e sarà volto a ricercare, all’interno della relazione terapeutica con il paziente, i vari significati emozionali che i contenuti delle associazioni libere o dei sogni, per gli adulti, o del gioco, per i bambini, possono assumere nella vita presente e alla luce del passato. Il lavoro sui ricordi del passato non va alla ricerca di una verità storica assoluta, ma soprattutto dei significati emotivi che nelle varie epoche della vita sono stati assegnati agli eventi che hanno chiamato in causa le figure significative. Questi vari significati possono aver dato luogo a conflitti inconsci fra varie parti della mente e a rappresentazioni alterate del Sè proprio e altrui inficianti la capacità, nel presente, di fare frutto delle esperienze vitali. Nell’intimità che si crea con l’analista il paziente può rivivere nei suoi confronti e in un modo meno intenso tali conflitti e con l’aiuto delle sue interpretazioni può raggiungere uno stato di maggiore integrazione psichica, sviluppare nuove qualità psichiche e risolvere i suoi conflitti. |
Psicoterapia Breve StrategicaLa Terapia Breve Strategica è un approccio originale alla soluzione dei problemi umani che presenta specifici fondamenti teorici e prassi operative in costante evoluzione sulla base dell’esperienza empirica.
Si tratta di un approccio breve (al di sotto delle 20 sedute) che si occupa da una parte di eliminare i sintomi e i comportamenti fonte di sofferenza, dall’altra di produrre un cambiamento nelle modalità attraverso le quali una persona costruisce la propria realtà personale e interpersonale. A differenza delle tradizionali teorie psicologiche e psichiatriche, un terapeuta strategico non utilizza nessuna definizione di “normalità” o “patologia” psichica; si basa piuttosto sui concetti di “funzionalità” o “disfunzionalità”. Da un punto di vista strategico, quindi, per cambiare una situazione problematica, non è necessario indagare e svelare le cause passate (aspetto su cui, peraltro, non si avrebbe nessuna possibilità di intervento), ma risulta più utile lavorare sul come il problema funziona nel presente e su quali strategie siano più adatte a creare un cambiamento efficace e duraturo. Per raggiungere questo risultato nella maniera più rapida ed efficiente possibile, l’intervento strategico è di tipo attivo e deve produrre risultati già a partire dalle prime sedute. Scopo ultimo dell’intervento terapeutico diviene quindi l’acquisizione di autonomia e capacità personali nel fronteggiare e risolvere i problemi. |
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Psicoterapia AutogenaIl training autogeno (T.A.) è una tecnica di rilassamento e autodistensione da concentrazione psichica ideata negli anni ’30 da Johannes Heinrich Schultz a partire dallo studio sistematico delle applicazioni dell’ipnosi e dell’autoipnosi in ambito clinico (Schultz, 1986).
Il corpo, come sottolinea Galimberti (1997), è lo sfondo di tutti gli eventi psichici. Il training autogeno permette dunque di entrare in contatto con il proprio corpo diventando più consapevoli di sé. La persona riesce, grazie alla pratica di questa tecnica, ad entrare in uno stato d’attenzione passiva, a sospendere l’attività volitiva mettendo il mondo esterno tra parentesi, vivendo pienamente la propria corporeità. Il training autogeno di base consiste nell’apprendimento graduale di una serie di esercizi di concentrazione psichica passiva che permettono progressivamente il realizzarsi di spontanee modificazioni di funzioni involontarie (tono muscolare, funzionalità vascolare, attività cardiaca e polmonare, equilibrio neurovegetativo). Questo stato di commutazione autogena genera una deconnessione psichica permettendo appunto il passaggio da uno stato di veglia ad uno stato di metabolismo di base simile al sonno (Schultz, 1986). Il training autogeno si divide in due gruppi di esercizi: ciclo inferiore e ciclo superiore. Gli esercizi del ciclo inferiore o somatico sono volti al raggiungimento della capacità di abbandonarsi all’ ascolto passivo del corpo e sono: pesantezza, calore, cuore, respiro, plesso solare e fronte fresca (Schultz, 1986). Gli esercizi del ciclo superiore invece sono deputati all’ ascolto passivo della psiche (Peresson, 1984). I benefici del training autogeno sono (Schultz, 1986; Peresson, 1985): Rilassamento e autoinduzione di uno stato di calma; Benessere psicofisico; Autoregolazione di funzioni corporee involontarie; Recupero energie fisiche e psichiche; Potenziamento delle prestazioni psicofisiche; Miglioramento capacità mnestiche; Autodeterminazione; Introspezione e autocontrollo. La psicoterapia autogena è psicoterapia di parola integrata con lo studio e l’apprendimento del Training Autogeno. Prende in considerazione ovviamente anche i vissuti nel profondo, ma almeno nella fase iniziale utilizza il Training Autogeno di base per combattere con efficacia, il tipo di disturbi che con un percorso psicanalitico normale richiederebbe tempi molto più lunghi. In un secondo momento si può utilizzare la cosiddetta Terapia Immaginativa, grazie al lavoro con le immagini che permette di investigare in chiave simbolica anche il mondo interno. |
Terapia di Coppia
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Ipnosi EricksonianaL’Ipnosi e’ una procedura durante la quale un medico o uno psicologo suggerisce che il paziente faccia esperienza di cambiamenti nelle sensazioni, percezioni, pensieri o comportamenti; tali cambiamenti vengono usati dal sanitario nel trattamento psicoterapico per problemi psichici, oltre che nel trattamento del dolore e di molti problemi psicologici che emergono in campo medico e odontoiatrico.
Il contesto ipnotico e’ generalmente stabilito mediante una procedura di induzione che puo’ essere fatta con tecniche dirette ("convenzionali" o comunque esplicitate) o indirette ("conversazionali" e di utilizzazione). Le persone rispondono all’ipnosi in modi diversi. La responsivita’ influisce sulla profondita’ della trance raggiunta dal soggetto ma non inficia un lavoro psicoterapico svolto con il modello ipnotico. Per Milton Hyland Erickson (1901-1980) l’ipnosi non è altro che una condizione naturale che si verifica spontaneamente in diversi momenti della vita quotidiana (Common everyday trance, Haley 1978) e che può essere indotta nel pieno rispetto delle esigenze e delle capacità della persona. Cosa succede in ipnosi? L’elemento che caratterizza lo stato ipnotico è quello di provocare un’esperienza di trance, ovvero ”la perdita dell’orientamento nei confronti della realtà esterna e lo stabilirsi di un nuovo orientamento nei confronti di una realtà concettuale astratta”(Erickson,1964). E’ un’esperienza comune è quella ad esempio di essere assorto in un’attività (leggere un libro, guardare un film, sostenere una conversazione) e distaccarsi anche se per brevi istanti dalla realtà esterna, oggettiva, per vivere una realtà interna soggettiva. Fermarsi a riflettere su di un’ avvenimento e presi dalla nostra immaginazione perdersi per qualche istante nel ricordare dei particolari che non ricordavamo di sapere, ed accorgersi che magari è passato molto tempo mentre noi pensavamo fossero passati solo alcuni minuti. L'ipnosi è terapeutica? NO! Se la trance ipnotica è un’esperienza comune, in sé la sola ipnosi non ha effetti terapeutici. L’utilizzo che uno psicoterapeuta fa della trance ipnotica che instaura con il paziente, può avere degli effetti terapeutici a patto che vi sia un accordo tra paziente e terapeuta nell’utilizzo dell’ipnosi stessa. Quando lo stato ipnotico viene indotto da un terapeuta per aiutare la persona a risolvere un problema, l’obiettivo è aiutare la persona a sperimentare nuovi modi di sentire, pensare, agire rispetto alla situazione che ha presentato e che aiutino concretamente la persona a risolvere i problemi che ha presentato. In altre parole l’ipnosi non è un fine ma un mezzo attraverso il quale aiutare la persona ad uscire dalla “modalità disfunzionale” con la quale ha creato una problema (es. fobie, attacchi di panico, disturbi d’ansia) e dalla quale razionalmente o con la sola forza di volontà non riesce ad uscire. Un esempio molto chiaro è quello della persona che ha sviluppato una specifica fobia, ad esempio nei luoghi affollati o per un animale, e per quanto sappia razionalmente che non ci sia un pericolo concreto, inconsapevolmente prova paura ogni volta che vede lo stimolo fobico, una paura così invalidante da non riuscire a comportarsi diversamente. L’utilizzo della trance ipnotica in un contesto terapeutico aiuta la persona a sviluppare un diverso stato di coscienza che la renda capace di modificare le proprie reazioni. |
Psicoterapia RogersianaCarl Rogers fu uno dei padri fondatori della Psicologia Umanistica, corrente Psicologica in cui si evidenzia l'importanza delle risorse e delle potenzialita' insite in ogni individuo.
L'approccio centrato sulla persona, sviluppato appunto da Carl Rogers, si basa infatti una concezione positiva della persona partendo dal presupposto che ognuno abbia valore e capacita' di autodeterminazione (pensiero questo che al tempo non era condiviso ma che trova invece oggi numerosissimi riscontri anche scientifici). Per Rogers quindi la persona gia' possiede le capacita' per auto-comprendersi, modificare e migliorare il proprio comportamento (tendenza attualizzante). Ruolo del Terapeuta e' facilitare questo compito creando un clima di accettazione, empatia, responsabilizzazione, che faciliti l'auto-realizzazione del Cliente. Fu proprio Rogers ad abbandonare infatti il termine paziente per sostituirlo con quello di cliente, ad indicare che non esiste un "processo di guarigione", non esiste una mente malata. La salute mentale e' vista come un normale proseguo della vita dell'uomo, mentre i problemi che possono insorgere derivano da una distorsione della "tendenza attualizzante". Questa tendenza e' come dicevamo prima la volonta' naturale di vivere, migliorarsi, conservarsi, modificarsi. Il metodo terapeutico di Rogers viene detto anche "non direttivo" o "centrato sul cliente". Non direttivo in quanto il terapeuta rispetta la tendenza ad autodeterminarsi del Cliente limitandosi a creare le condizioni che possano facilitare la crescita, processo in cui a "crescere" non e' in realta' solo il cliente ma anche il terapeuta stesso. Terapeuta e Cliente sono quindi in una situazione paritaria e la terapia e' vista come un incontro tra due persone che fanno un percorso di crescita insieme. "Sulla base delle mie esperienze, ho notato che se posso contribuire a creare un clima contrassegnato da genuinita', apprezzamento e comprensione, allora avvengono cose molto stimolanti. Gruppi e persone si muovono, in un clima simile, dalla rigidità verso la flessibilita', da un esistere statico a un vivere dinamico, dalla dipendenza verso l'autonomia, dalla difensivita' verso l'autoaccettazione, da un essere ovvio e scontato verso una creativita' imprevedibile. Diventano in tal modo una prova vivente di una tendenza alla realizzazione" (Carl Rogers) Perche' si verifichi il cambiamento nella persona vi deve essere un clima di accettazione, empatia, fiducia. Accettazione nel senso che il terapeuta accetterà incondizionatamente e senza pregiudizi il cliente ed i suoi pensieri e sentimenti, quali essi siano, attraverso una comprensione empatica, cercando cioe' di sentire e provare cio' che il cliente prova, entrando nel suo mondo interiore. |
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Psicoterapia Sistemico-RelazionaleL'approccio sistemico familiare, come spesso accade, non ha un punto di origine preciso; le sue radici possono essere fatte risalire alla fine degli anni '40 e agli anni '50, quando iniziano a sorgere gruppi di lavoro, non necessariamente coordinati fra loro, che si interessano al rapporto tra malattia mentale e famiglia. Questo interesse si sviluppa in seguito ad un certo livello di insoddisfazione registrato da alcuni psicologi nell'applicazione del modello psicanalitico ortodosso nella trattamento dei bambini. Chi lavorava nell'ambito infantile sentiva la necessità di coinvolgere maggiormente i genitori, cosa non praticabile con la psicanalisi classica che si basa su un rapporto di tipo paziente-terapeuta.
Inoltre, il contemporaneo sviluppo di nuove discipline, quali l'antropologia e la sociologia, offriva un contributo significativo alla conoscenza dei contesti in cui l'individuo vive, e in particolare allo studio delle influenze che le relazioni e l'organizzazione familiare giocano sullo sviluppo della personalità. Un grosso contributo alla elaborazione del modello sistemico è stato offerto anche dai pionieri delle teorie cibernetiche, che hanno aperto la strada alle considerazioni che conducono poi gli autori appartenenti alla cosiddetta Scuola di Palo Alto (fra cui Beavin, D. D. Jackson, P. Watzslawik ecc.) e a Gregory Bateson di mettere a fuoco il modello che successivamente si è evoluto nella direzione della terapia sistemica che oggi conosciamo. In questa prospettiva la famiglia viene vista come un sistema, ossia come un'entità che possiede caratteristiche, regole e norme proprie; diviene così possibile comprendere i meccanismi e le dinamiche di tale sistema nel momento in cui si analizzano e rendono chiari i criteri alla base del suo funzionamento. Questo è lo stesso principio che sta alla base della società organizzata all'interno della quale ogni persona possiede un suo posto, un suo ruolo e interagisce con gli altri. La famiglia, che a sua volta è inserita in un contesto più ampio che è quello della società, possiede dunque una sua struttura di regole e meccanismi che la portano ad evolvere in un certo modo e, ogni suo membro, contribuisce al suo sviluppo. Ogni membro del sistema esercita una serie di effetti, di influenze, sugli altri membri; al tempo stesso tali influenze si ripercuotono sul sistema intero della famiglia. A differenza degli altri approcci che si basano sull'individualità della persona, nella terapia della famiglia l'individuo viene considerato una parte del tutto, che è appunto il sistema. Secondo la prospettiva sistemica, l'individuo è in grado di influire sul contesto, come il contesto influisce sull'individuo. Premesso questo, la persona che soffre viene inquadrata come "espressione" di un contesto a sua volta sofferente, nel quale esistono degli squilibri che provocano influenze negative su di essa. Tuttavia, la stessa persona sofferente fa parte del sistema famiglia, ed è quindi parzialmente responsabile della situazione che si è creata. Il paziente, allora, non è solo colui che subisce ed esibisce un sintomo, ma, paradossalmente, diviene esso stesso un sintomo: quello di una famiglia disfunzionale. Ciò non significa che la causa del suo disagio sia dovuta a colpe personali, ma che comunque la persona contribuisce a mantenere in vita delle dinamiche familiari disfunzionali. Per esempio, se un adolescente soffre di una forte ansia e i membri della sua famiglia essendone al corrente lo proteggono in maniera eccessiva, evitandogli costantemente il confronto con le sue paure, egli tenderà a mantenere vive le sue paure; contemporaneamente dipenderà in maniera sempre maggiore dagli altri membri della famiglia, mantenendo in vita tale dinamica disfunzionale. La terapia della famiglia ha costruito quindi la sua metodologia clinica intorno all'idea che il disagio psichico può essere colto attraverso l'osservazione delle relazioni umane. Da questi presupposti la teoria generale dei sistemi ha condotto alla elaborazione di una forma di terapia che parte dall'idea che:
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Psicoterapia della GestaltLa psicologia della Gestalt nasce a Francoforte negli anni Venti del Novecento. Tra i fondatori e i teorici più importanti spiccano i nomi di Koffka e Laura Posner, futura moglie di Fritz Perls, considerato il teorico di riferimento della Psicoterapia della Gestalt. È proprio nel periodo trascorso a Francoforte che Perls viene influenzato dalla psicologia della Gestalt.
Gestalt è una parola tedesca tradotta genericamente con il termine “forma”. In realtà ilsignificato di Gestalt è più ampio e può significare “struttura”, “totalità”, “configurazione”. Il concetto cardine della psicologia della Gestalt stabilisce che l’uomo non percepisce un oggetto come la somma delle singole parti di cui è composto ma lo vede nella sua globalità, nel suo insieme. Dimostrative di questo assunto sono le famosefigure geometriche ambigue, il vaso di Rubin o la donna di Leavitt, tutte raffigurazioni che il nostro occhio percepisce in due modi. La nostra percezione tende però a chiudere le figure, a vedere la totalità e non le parti “aperte”. È da questo principio che parte tutta la Psicoterapia della Gestalt rielaborata in chiave fenomenologica, esistenzialistica e olistica dai suoi principali esponenti, Perls e Goodman in primis, già segnati dalle lezioni di Freud e Jung sul tema del risveglio terapeutico dell’individuo e della consapevolezza. Secondo la prospettiva gestaltica ogni rapporto e quindi anche il rapporto uomo-terapeuta non è costituito da parti singole e separate ma da una totalità che interagisce. Il movimento creato dall’incontro delle parti non causa conflitto anzi, tende a risolverlo grazie all’integrazione, alla crescita e all’acquisizione di una consapevolezza di sé... Una sorta di autoregolazione contro l’aggressività insita nell’uomo. Nel momento in cui si manifesta un disturbo psicologico, l’individuo perde la capacità di aprirsi e chiudersi in modo armonico ed equilibrato verso l’esterno. Ne consegue uno squilibrio di valutazione, una perdita di consapevolezza e autostima, un disagio che deve essere riportato a galla con l’aiuto del terapeuta, allo scopo di recuperare la naturale spontaneità dell’uomo verso l’ambiente. Nella Psicoterapia della Gestalt la cura risiede nel recupero delle relazioni verso l’esterno attraverso un’interazione paziente-terapeuta basato non su una comprensione emotiva o un controllo momentaneo del disagio ma su una pratica che consenta autonomamente al paziente di ritornare ad una sana relazione verso l’ambienteche gli ha creato il disagio. Le principali tecniche terapeutiche identificative della Psicoterapia della Gestalt sono la “tecnica della consapevolezza”, “della poltrona vuota”, “la tecnica del dar voce alle polarità opposte” e “del lavoro sul sogno”. Con la tecnica della consapevolezza, il terapeuta deve porre al paziente 5 quesiti: “cosa fa”, “cosa sente”, “cosa vuole”, “cosa evita”, “cosa si aspetta”. Da queste domande scaturiranno delle risposte da cui il medico potrà partire per cercare di aiutare il suo paziente non con consigli pre-confezionati ma facendogli ritrovare la fiducia e metterlo nelle condizioni di agire in autonomia e trovare la soluzione più adatta alle sue esigenze. La tecnica della poltrona vuota consiste nel far proiettare all’esterno il paziente e farlo parlare, alla sua proiezione, del sentimento o della situazione che gli ha creato il disagio. In questo modo si crea una sorta di rappresentazione teatrale delle sensazioni più intime. Per sprigionare le qualità nascoste insite in ognuno di noi, secondo la Psicoterapia della Gestalt si deve “dar voce alle polarità opposte”, una tecnica che consiste nel comportarsi in modo contrario a ciò che ci viene naturale. Un metodo che sarebbe utile nel recuperare gli aspetti più repressi della personalità che secondo Perls coesistono sempre insieme a tutti gli altri. Interessante inoltre è il lavoro sul sogno il cui racconto e la relativa interpretazione viene riservata esclusivamente all’autore del sogno. Solo lui è in grado di valutarlo nel rapporto con il suo presente e solo lui può collegarlo a sentimenti ed emozioni personali. Lo scopo è, secondo Perls, il tentativo di riappropriarsi delle parti di sé più nascoste e inesplorate che il sogno ha fatto riemergere. Secondo la Psicoterapia della Gestalt il sogno ha l’obiettivo di ristabilire un contatto tra l’uomo e le sue parti inconsce non accettate e rifiutate a priori. tlt |
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MindfulnessLa Mindfulness è uno stato mentale,“una modalità dell' essere, non orientata a scopi, il cui focus è il permettere al presente di essere com'è e di permettere a noi di essere, semplicemente, in questo presente” (Teasdale), che può essere coltivato e stabilizzato attraverso particolari tecniche.
E' uno stato mentale non concettuale,non-discorsivo, non-linguistico, e che soprattutto “apre” a degli insight che portano alla comprensione profonda del funzionamento della mente stessa. Questo modo di essere può offrire un luogo di sicurezza e pace ”una base sicura” – che è innata nella nostra naturale costituzione.“E’stupefacente quanto sia liberatorio l’essere capaci di vedere che i tuoi pensieri sono solo pensieri e che non sono “te stesso” o “la realtà”...il semplice atto di riconoscere i tuoi pensieri come pensieri, può renderti libero dalla realtà distorta che essi spesso creano e genera un maggior senso di chiarezza e di padronanza sulla tua vita”Kabat-Zinn (1990, pp.69-70) Non è facile rendere a parole ciò che si riferisce innanzitutto ad un'esperienza vissuta, a uno stato mentale, ad uno stato di coscienza. Proprio per tale motivo, cioè per favorire una comprensione diretta attraverso l'esperienza, spesso si sceglie di non tradurre il termine inglese mindfulness(a sua volta derivato dall'originario termine sati in lingua pali). Le traduzioni più immediate, ossia "consapevolezza, attenzione, attenzione sollecita, presenza mentale, piena presenza", rischiano infatti di dare il via ad una serie di associazioni semantiche svianti e non esaustive. |
Psicoterapia CognitivaLa terapia cognitiva è un tipo di psicoterapia fondata sui principi ed i processi della psicologia cognitiva e, limitatamente, del neocomportamentismo clinico.
Anche se in linea teorica possono esistere forme di terapia "esclusivamente cognitiva", nella pratica si opera molto spesso una congiunzione funzionale tra gli approcci cognitivi e quelli comportamentali. Si parla quindi normalmente di CBT (Cognitive-Behavioural Therapy), o, in italiano, di TCC (Terapia Cognitivo-Comportamentale). Al momento attuale è una delle forme più note e diffuse di psicoterapia, applicata estensivamente per il trattamento di molti tipi di disturbi psicologici e psichiatrici (in particolare nella gestione dei disturbi d'ansia e dell'umore, e come trattamento di supporto o complementare nei disturbi della personalità, nelle psicosi ed in altre forme sindromiche). I suoi tassi di efficacia, a livello di riduzione sintomatologica in diverse forme psicopatologiche, sono valutati come buoni, e a volte sono usati come parametro funzionale di riferimento per altri tipi di psicoterapie. |
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Terapia Cognitivo-ComportamentaleLa psicoterapia cognitivo-comportamentale anche chiamata terapia cognitivo-comportamentale (TCC) è un termine ombrello con cui si indicano le psicoterapie oggi più diffuse e che vengono utilizzate per trattare un'ampia gamma di disturbi psicopatologici. La TCC è stata sviluppata originariamente negli anni settanta del XX secolo, a partire dalla confluenza di numerosi sviluppi delle ricerche sulle terapie del comportamento (le "behavior therapies"), iniziate negli anni '50. Chiamata "Cognitive-behavior modification" ovvero modificazione cognitivo-comportamentale da D. Meichenbaum, ha avuto grande impulso dopo la diffusione del lavoro scientifico di Aaron Beck che, tuttavia, la chiamò "terapia cognitiva".
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Psicoterapia JunghianaLa terapia junghiana è una teoria psicologica ed un metodo di indagine del profondo.
In essa viene considerata l’intera dinamica psichica, passata, attuale ed, anche, futura, nel senso delle intenzioni e delle tensioni verso la propria “destinazione”, il proprio progetto di vita, che tende allo sviluppo dell’Io ed alla sua confluenza nel più vasto Sé. Per gli analisti junghiani esiste nell’essere umano un’energia psichica, uno slancio vitale, che spinge l’individuo verso la propria realizzazione e crescita personale, con le parole di C. G. Jung, verso la sua “individuazione”. La psicoterapia analitica è, soprattutto, finalizzata all’analisi delle difese che l’individuo ha eretto nel corso della sua esistenza, ovvero a “rendere manifesto” ciò che del “Sé” (= essenza della personalità dell’individuo) è stato rimosso o represso. Più che focalizzarsi sul sintomo, s’interessa delle dinamiche inconsce alla base di quel sintomo. La terapia analitica è un’analisi che investe tutti gli aspetti della persona. I sintomi sono segni e simboli di un disagio, che possono rivelare gli elementi che soggiacciono al malessere generalizzato, che ha investito il soggetto. I sintomi delle nevrosi non possono essere intesi solo come conseguenze di traumi rimossi, ma, anche, come tentativi della psiche di giungere ad una nuova sintesi. I sintomi rivelano elementi consci ed inconsci, che portano a comprendere e a dirimere conflitti interni o interpersonali. Per l’analisi junghiana, la nevrosi, il disturbo psichico, è espressione di un equilibrio perduto a cuasa di un blocco della libido, ovvero dell’energia psichica. Nel comportamento anomalo vanno compresi ed integrati gli stati che il malato vuole raggiungere, con fatica, per liberare la libido. La liberazione della libido porta al suo normale fluire e, quindi, al risanamento psichico. Quindi, si potrebbe asserire che, questo cammino terapeutico, prosegue un migliore adattamento del paziente al suo mondo interno ed esterno. Per C. G. Jung, nella cura psicologica, è, fondamentale, la relazione che viene a crearsi col paziente; si tratta di una relazione a due, speciale ed unica con ogni persona: la terapia come magia dell’incontro. In analisi il percorso terapeutico va considerato come un cammino verso la scoperta dei complessi del soggetto, dei tratti della sua ombra, degli elementi della propria anima, intesa, non come sostanza metafisica, ma come ‘insieme dei sentimenti, delle amozioni, delle sensazioni che l’uomo possiede e percepisce e che costituiscono la parte più gradevole ed armoniosa del Sé. Il metodo concreto è, pressappoco, lo stesso di quello psicanalitico, anche se la teoria, ed alcuni sviluppi successivi, lo hanno differenziato e discostato per ciò che concerne la sua interpretazione dell’inconscio e della libido; esso consiste nell’interpretazione dell’analista, a partire dall’analisi dei sogni, fatti della vita reale, fantasie, metodi espressivi della persona, tipologia di relazione transferale paziente-analista e contro-transferale analista-paziente, associazioni libere. I sogni ci parlano dell’inconscio e vanno considerati come portatori di simboli, a loro volta portatori di significato e, quindi, elementi trasformativi della personalità. E’ un percorso terapeutico indicato per la cura delle nevrosi, per ottenere un riadattamento alla realtà, e per analizzare le motivazioni profonde del soggetto. Indipendentemente dalla gravità del disturbo e dalla sua diagnosi psicopatologica (nevrosi o psicosi), la terapia analitica mira ad ottenere un riadattamento alla realtà, che sia, però, inclusivo dei bisogni e delle motivazioni più profonde del soggetto. E’ un percorso, anche, adatto a chi decide di indagare nel profondo della propria psiche, per scoprire le ragioni sotterranee di problemi, angosce, conflitti relazionali. |
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Psicoterapia CostruttivistaLa Psicoterapia Costruttivista si basa sul presupposto che tutte le volte che l’uomo ha una percezione, formula un pensiero o un giudizio, compie un’azione costruttiva e cioè costruisce attivamente la realtà e la sua personale esperienza.
A teorizzare questa facoltà "costruttrice" della mente umana furono per primi J. Piaget ed E. Von Glasersfeld, seguiti da H. Von Foerster, H. Maturana, F. Varela, G. Kelly e Gregory Bateson, che diedero impulso alla Psicoterapia Costruttivista. Teoria. Per i Costruttivisti non c’è una verità o un unico mondo reale, ma esistono diverse versioni della realtà e del mondo, tante quante sono le persone, poiché ognuna ha una parte attiva nel costruire la realtà stessa, in base alle sue credenze, ai suoi valori e ai suoi schemi mentali. Questi schemi mentali possono trasformarsi in limiti: se ad esempio una persona è convinta che non imparerà mai a sciare, non proverà mai a farlo, così confermerà la sua (falsa) credenza e davvero non imparerà mai. Idee e convinzioni, attraverso cui l’uomo costruisce la realtà, possono limitare la libertà e causare disagio. E così avviene quando non si riescono a "integrare" emozioni e i vissuti nella storia personale o nell’immagine di se stessi. Ma secondo il Costruttivismo non è la realtà a porre limiti o causare sofferenza, ma il modo di porsi di fronte ad essa. La Psicoterapia Costruttivista lavora proprio su questo punto. Attraverso il dialogo, lo Psicologo costruttivista aiuta a:
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